2001 Bologna Galleria L'Ariete

L'Opera al Nero

Enrico Cesare Gori

 

ArinaElizabethMentre parlavo con Paola dei suoi quadri mi è tornato in mente questo lavoro, ove Bousquet propone la funzione dello sguardo nell’atto creativo. Egli mi ricorda come è descritto in psico-analisi il passaggio della percezione con lo sguardo. Freud dice che con lo sguardo ritroviamo fuori quello che è presente in noi, perché l’abbiamo già sentito. Ma vediamo in dettaglio cosa ha suscitato il colloquio con Paola.

Sempre le parole dell’artista rendono più comprensibile il risultato della sua creatività. Paola in particolare spiega il processo creativo molto bene, ma possiamo tralasciare gli aspetti di riferimento conscio e l’inquadramento culturale dei quali tratta a fondo. Vorrei solo accennare alla sua partenza da punti di vista informali ed infine il recupero dell’immagine, che non è un ritratto, ma la formale rappresentazione dell’interno dell’anima, questo ella sottolinea. In realtà, come vedremo, Paola incamera in sé moltissime immagini preconscie, che poi recupera al Conscio per metterle sulla tela, sotto la spinta dell’impulso creativo.

Dal 1995 l’interesse è per la fisionomia: questo è il frutto di un viaggio interno che parte da scambi “magici, extrasensori” con il soggetto. In tale modo Paola chiama il contatto sensoriale primario che avvia il rapporto con l’esterno.

Le sensazioni risvegliano immagini non solo visive, che ricordano i Vorbild, le prefigurazioni ereditarie che, secondo Freud, preparano la scoperta delle cose nella realtà esterna.

E’ uno scambio di “anima” – dice Paola – che attiva il percorso interno dalle impressioni fulminee, alle visioni interne, fino a “lavorare di testa”.

Seguendo il risultato della ricerca psico-analitica, questo è il percorso della confusione sensoriale primaria con le cose, poi trasformata in rappresentazioni conscie che infine tengono conto delle ricerche in campo pittorico.

Freud, Winnicot, la Greenacre ed altri ci spiegano così il percorso creativo dell’artista.

Il monaco SchedoniQuesto è coperto dalla “fisionomia” messa da Paola nei dipinti. Dal punto di vista conscio, Paola usa l’ambiguità delle tecniche di un tempo, in specie quelle del 2/300, ma riportate ai tempi nostri, che tengono conto della Video-Art e del Fayyum. Un tale prodotto artistico ci pone nell’area strana, perché reale e fantasmatico si fondono. Le fisionomie, quasi maschere, esprimono l’estraneità in vari modi, ma quello che colpisce di più è lo sguardo.

Attraverso il gioco dello sguardo si completa il percorso interno; l’incontro delle anime secondo Paola.

Il rapporto sensoriale primario secondo noi. Le forme del volto vengono da vari frammenti ed anche dalle voci che dialogano con Paola: entrare in questo baratro è pericoloso e spaventa. Questo mi ricorda sia Die Lücke (il buco nero di Freud) sia il baratro di Winnicott. E’ l’area oscura ed estranea dalla quale parte la nostra esistenza e che nessuno conosce.

Sotto la bellezza della maschera c’è questo ribollire inquietante mentre la faccia emerge dallo sfondo, dal baratro. Dapprima i capelli sono confusi nel paesaggio, emergono da lì e prendono forma concreta. Lo sguardo organizza le fisionomie e le distingue dallo sfondo.

All’interno di Paola si svolge un romanzo, che già procura immagini, suoni, colori, il gioco delle parti, dal maschile, dal femminile. Tutto ciò che turbina attorno li collega nella faccia: il viso di Schedoni è un esempio del lavoro creativo fatto da Paola. Cosi Albrecht e Ursula che emergono dallo sguardo proponendo l’ambiguità maschile-femminile, provengono da letture. Si può dire che la sensazione comune è che niente è definito alle origini della vita. Tutto questo viene sintetizzato nelle opere in Bianco e in Nero; in esse il colore non compare ma è ben presente sotto, perché la memoria è in bianco e nero.

Uraque De GomezAd esempio, Teodor è stato preannunciato da sogni premonitori, oppure viene da a immagini della memoria?

Sappiamo che i sogni elaborano il processo creativo in tutti noi, così anche Arina e Cosina, Uraque de Gomelez sono elaborate nel passaggio tra baratro, sogno e realtà, in una sorta di romanzo gotco, dietro ogni faccia c’è una storia.

Affascinata da una faccia, vista nella realtà o nel romanzo, nel cinema, negli spot pubblicitari, Pala si lascia il passato alle spalle e contiene lo spavento dell’anima, la distruzione del passato.

Si passa dal subumano, all’umano, al al sovrumano, usando fisionomie che cambiano di volta in volta. Vediamo che la maschera africana, Vanessa Paradise, Peggy Moffit Luthi, danno fisionomia al sensuale, che è dentro ciascuno di noi. Nell’occhio di vetro di Marilyn Manson c’è il travestitismo, il satanico. Se guardiamo bene la fisionomia cambia in ogni quadro a seconda dei tumulti che copre, ma l’aspetto più coinvolgente rimane lo sguardo che ci attrae con sensazioni, sentimenti, estremamente profondi e mutevoli di volta in volta.

Vorrei concludere con alcune citazioni:"Sono il suo sguardo e tale sguardo mi da occhi, i miei giorni passano e vedendoci sognano. Lo sguardo è la luce, la luce è la sua opera, abita nel nero ardore." Questo scrive Joé Bousquet, uno degli artisti che più ci ha portato al colmare l'abisso tra la vita e il pensiero" in "Da uno sguardo un altro" che ho messo come titolo a queste riflessioni sugli sguardi di Paola.

Mi pare ritrovare qui una sintesi "alta" di quanto mi ha fatto sentire l'opero di Paola.