AutoritrattoMuovendo da un’esperienza tardo informale, il suo lavoro di quel periodo sviluppa una figurazione antropomorfa di matrice neo dada e pop, le cui componenti narrative e grottesche sono accentuate dal frequente ricorso a collage di frammenti verbali e visivi.

 Questa vena ironica ed eclettica percorre tutti gli anni ’70, esprimendosi al meglio nel ciclo delle Bambole ed estendendosi anche alla scultura, che l’artista pratica ricorrendo al polimaterismo ed a vivaci cromie. Oltre alla pittura e alla scultura, è da segnalare in questi anni la collaborazione dell’artista con industrie tessili, come designer di tessuti di alta moda e di arredamento.

Successivamente, l’iconismo della De Laurentiis trova nell’immagine della Testa un motivo privilegiato, reiterato in numerosi ritratti ideali, nei quali si riconosce di volta in volta l’assimilazione in chiave citazionista di stilemi cubisti, secessionisti, giotteschi, rinascimentali.

Dal 1995 nascono i grandi Ritratti e tutto l’interesse della pittrice si concentra sulla fisionomia, come frutto del viaggio del pensiero, che parte da scambi fortemente interiorizzati con il soggetto. Le fisionomie, maschere inquiete ed inquietanti, esprimono l’estraneità in vari modi, ma quello che colpisce di più è lo sguardo. Ed è proprio attraverso il gioco dello sguardo che, secondo l’artista, si completa l’incontro delle anime.

Le forme del volto vengono da vari frammenti o sono mutuate da facce che la colpiscono e l’affascinano, colte nella realtà o nel romanzo, viste in fotografia o al cinema, sulle riviste o in spot pubblicitari. La fisionomia cambia di volta in volta, ma ciò che accomuna ogni ritratto è la forza dello sguardo, che genera sensazioni di attrazione o repulsione, comunque intensi.