1964 Bologna,  Galleria de’ Foscherari

Renato Barilli

 

Figure grige 
La De Laurentiis ha alle spalle del lavoro attuale una produzione di qualche tempo fa, apparentemente alquanto diversa, che pure sarebbe sbagliato considerare “bruciata” da queste opere più recenti. Al contrario, è proprio alle matasse ingarbugliate del ’61 e ’62 che dobbiamo rifarci per trovare il giusto filo conduttore fino a questi ultimi e più sicuri risultati. Non solo, ma appunto tale confronto tra un “prima” e un “dopo”, benché scalati in un ben esiguo giro di anni, ci permetterà di comprendere che la De Laurentiis si è mossa in modo conveniente, sul percorso pressoché obbligato che dal vago e dall’indistinto della stagione informale porta all’esigenza odierna di forme più specifiche e definite.
Due anni fa, dunque, un quadro della nostra pittrice si presentava come un fondale oscuro, dal quale emergevano alcune gonfie bolle d’aria, alcuni corpi luminosi e fosforescenti gravidi di una non troppo precisata intenzione antropomorfica: erano larve di teste appena affioranti, non vincolate a punti fissi del quadro, ma libere di maturarsi ove meglio fosse loro piaciuto, e magari di errare pigramente come oggetti alla deriva, o come palloncini sottoposti ad una spinta ascensionale. Una rappresentazione, insomma, del tutto fluida e aerea.
Poi, è avvenuto che quelle singole immagini vaganti hanno cominciato a prender terra, a metter radici in un luogo preciso del quadro, perdendo quindi la facoltà di errare a loro piacimento: e da quelle radici stesse hanno tratto il nutrimento per specificare meglio le intenzioni antropomorfe fin lì vaghe e indistinte. Le teste hanno messo fuori dei tratti fisionomici, occhi naso bocca, si sono inseriti su corpiciattoli abbastanza circoscritti.
Personaggio con occhio rosaLa pittrice ha operato come quei giocolieri che sotto gli occhi attenti del pubblico uniscono tra di loro certi palloncini variopinti, per se stessi informi e anonimi, fino a ricavarne gustose immagini icastiche di animali e persone; oppure ha inserito mani miracolose da burattinaio in quelle sue creature tuttora alquanto indeterminate,
obbligandole a gesticolare, a recitare.due personaggi su fondo verde
Ne è venuta una arguta commedia di maschere, di pupi, di nanerottoli velenosi, da farci ricordare lo straordinario Oskar di Günter Grass, l’eroe   del tamburo di latta. Il profilo    della cosiddetta “nuova figurazione” (termine   abusato ma pur sempre efficace) è infatti quello di riprendere tutte le   possibilità di racconto dei casi comuni della vita, non ricalcando però le   vecchie forme del figurativo tradizionale, ma assumendo rispetto ad esse    una distanza, uno spirito critico, tali da provocare l’estraniamento dalle   abitudini scontate, dai pregiudizi di più ovvia circolazione.Così, questi personaggi della De Laurentiis imitano in tutto e per tutto il nostro ritmo normale di vita, evocano attorno a sé stanze ripiene di suppellettili, fanno comparire sui loro corpi gli opportuno capi di vestiario richiesti dalla decenza e dalle buone maniere. Ma appunto, come dicevamo prima, è un teatro dei pupi, una “casa di bambole”, uno spettacolo visto attraverso lenti riduttive e deformanti, inficiato di un crudele nanismo: accorgimenti, tutti questi, attraverso i quali si manifesta l’atteggiamento critico, estraniante, che solo consente all’artista di oggi il ritorno agli aspetti comuni e riconoscibile della realtà normale.